domenica 23 maggio 2010
22 maggio 2010 - Finale di Champions League: Ritorna la Grande Inter
Questa sera al Santiago Bernabeu si è consumata una delle pagine più significative della storia del calcio italiano.
Battendo per 2-0 campioni di Germania del Bayern Munich, l'Inter completa quel trittico di vittorie dall'inestimabile valore, iniziato il cinque maggio con la conquista della Coppa Italia, proseguito il sedici con la conquista dello scudetto più sofferto e terminato il ventidue con la conquista della vetta d'Europa, la Champions Leauge.
Dopo aver parlato di un terribile aprile, ho sovente accennato a quello che sarebbe potuto essere un maggio tutto d'oro - il primo per i colori nerazzurri. Così è stato. Ma che Inter ragazzi. Questa è più forte dell'Inter di Herrera, del Milan di Sacchi, della Juventus di Capello. In pochi anni ha aumentato di un terzo il numero di titoli, con cinque scudi, due coppe Italia ed ora la coppa dalle grandi orecchie.
Vorrei essere interista oggi. Vorrei godere di un successo che nessun altro potrebbe assaporare. Vorrei andare a strombazzare per le strade di Bari con la bandiera incollata tra finestrino e specchietto retrovisore. Vorrei scoprire che di interisti fratelli ce ne siano a migliaia (ma dove letergavano costoro? dov'erano negli ultimissimi decenni?)
Per tutti gli interisti del mondo, l'attesa durata quarantacinque anni è finita. C'è voluto il più grande Mourinho per stanare l'assetto tattico offensivo del pur temibile Bayern. C'è voluto il più grande Milito per irriverirne le colonne difensive. Sentite Zanetti:
«Mancava questa coppa. Che è arrivata nel momento migliore della mia carriera. È una coppa per tutti gli interisti. Per la mia famiglia, per il presidente Moratti. E anche per Peppino Prisco e Giacinto Facchetti».
Provo a capire cosa mai sia quest'Inter. La risposta arriva da Zeit, autorevole quotidiano tedesco che titola: Inter troppo forte per chiunque. Ecco, tutto qui.
mercoledì 19 maggio 2010
Come te nessuno mai
Mancano 3 giorni alla sfida struggi-coronarie tra Inter e Bayern. Tocca passare il tempo in qualche modo.
E così che cercando tra gli annali, scopro che in Italia non era mai successo che la finalista di Champions avesse vinto scudetto e Coppa Italia nell'anno medesimo.
A ben vedere, Mourinho ha portato l'Inter dove nessuno mai era riuscito con alcun'altra squadra. In un certo senso, la storia dell'Inter 2010 è già scritta. Resta da vedere se con inchiostro oro o argento.
E così che cercando tra gli annali, scopro che in Italia non era mai successo che la finalista di Champions avesse vinto scudetto e Coppa Italia nell'anno medesimo.
A ben vedere, Mourinho ha portato l'Inter dove nessuno mai era riuscito con alcun'altra squadra. In un certo senso, la storia dell'Inter 2010 è già scritta. Resta da vedere se con inchiostro oro o argento.
domenica 16 maggio 2010
16 maggio 2010 - 38^ giornata
Mentre scrivo queste righe è quasi mezzanotte, ed in Piazza Duomo sento strimpellare un'autorevole moltitudine di tifosi ebbri di gioia, quasi fossero trent'anni che l'Inter non vincesse lo scudetto. Già, è ancora una volta Inter. Quinto scudetto di fila, diciotto in totale, uno in più del Milan, a due scalini dalla seconda stella.
È l'Inter delle tre M, Mourinho, Moratti e Milito, del passo doble in Italia (prima volta per l'Inter) e degli zeru tituli per tutti gli altri.
È l'Inter che eguaglia il primato storico dei cinque titoli consecutivi, fino ad ora appartenuto all'antica Torino del calcio.
È l'Inter che in un solo anno ha cambiato moltissimo, cinque undicesimi (Lucio, Schneijder, Milito, Eto'o e Thiago Motta) per diventare grande in Europa, lasciando terreno alla squadra che forse gioca il miglior calcio possibile per vincere in Italia, la Roma.
Una cavalcata invincibile che parte dal sofferto pareggio casalingo con il Bari e termina nell'esplosione del nero e dell'azzurro di Siena; passando per alcune pagine che resteranno storiche: sei gol nel doppio del derby; il match delle manette, dei tunnel e delle dodici giornate di squalifica complessive; la sconfitta dei tre legni di Roma, che per poco le era fatale; il pareggio di Firenze e la perdita del primato; la vittoria contro la velenosa Juve e la riconquista della vetta. Miglior attacco e miglior difesa, una rosa completa ma non eccessiva, punte di diamante in difesa, a centrocampo ed in attacco, un allenatore che è anche un coach del gruppo, una dirigenza che investe bene. Questi gli elementi salienti del successo di questo maggio fiorito.
Oggi l'Italia del pallone giornalaio e televisivo s'inchina alla continuità infinita e alla potenza atomica di una squadra modellata per vincere ovunque con l'arma che le è propria: la fame di grandezza. E se in Italia ha vinto tutto quello che c'era da vincere, manca l'appuntamento più atteso con l'Europa dei big, sabato prossimo. In gioco ci sarà la storia dell'Inter e del calcio.
È l'Inter delle tre M, Mourinho, Moratti e Milito, del passo doble in Italia (prima volta per l'Inter) e degli zeru tituli per tutti gli altri.
È l'Inter che eguaglia il primato storico dei cinque titoli consecutivi, fino ad ora appartenuto all'antica Torino del calcio.
È l'Inter che in un solo anno ha cambiato moltissimo, cinque undicesimi (Lucio, Schneijder, Milito, Eto'o e Thiago Motta) per diventare grande in Europa, lasciando terreno alla squadra che forse gioca il miglior calcio possibile per vincere in Italia, la Roma.
Una cavalcata invincibile che parte dal sofferto pareggio casalingo con il Bari e termina nell'esplosione del nero e dell'azzurro di Siena; passando per alcune pagine che resteranno storiche: sei gol nel doppio del derby; il match delle manette, dei tunnel e delle dodici giornate di squalifica complessive; la sconfitta dei tre legni di Roma, che per poco le era fatale; il pareggio di Firenze e la perdita del primato; la vittoria contro la velenosa Juve e la riconquista della vetta. Miglior attacco e miglior difesa, una rosa completa ma non eccessiva, punte di diamante in difesa, a centrocampo ed in attacco, un allenatore che è anche un coach del gruppo, una dirigenza che investe bene. Questi gli elementi salienti del successo di questo maggio fiorito.
Oggi l'Italia del pallone giornalaio e televisivo s'inchina alla continuità infinita e alla potenza atomica di una squadra modellata per vincere ovunque con l'arma che le è propria: la fame di grandezza. E se in Italia ha vinto tutto quello che c'era da vincere, manca l'appuntamento più atteso con l'Europa dei big, sabato prossimo. In gioco ci sarà la storia dell'Inter e del calcio.
martedì 11 maggio 2010
I non convocati del vecchio zio
Come italiani ce lo siamo meritati, e questa volta non parlo del governo. Qualcuno dovrebbe riferire al CT Marcello Lippi che i tempi in cui alla nazionale bastava ereditare il blocco Juventus per fare una porca figura sono passati da venti o trent'anni; allora quella manciata di calciatori rappresentava un vero nucleo vincente, affidabile e leale. Oggi il solo pensare ai nomi di Grosso e Cannavaro mi crea un'angoscia mai sperimentata prima.
La storia dei mondiali di calcio insegna che la squadra che schiera sfilze di detentori del titolo con la dentiera è destinata a farsi male, molto male. Non incrocerò neanche le dita, nella speranza di sbagliarmi. Non c'è margine per errore in un'analisi quando l'entità del dolo è così flagrante.
Fanno più notizia i non convocati questa volta. Da Cassano a Balotelli, passando per Miccoli. Non stiamo parlando di nomi di media caratura, corpo di mille mondiali! Stiamo parlando di tre supereroi nazionali ed internazionali, merda! Io ci terrei anche a vincerli questi mondiali, caro vecchio zio Lippi.
La storia dei mondiali di calcio insegna che la squadra che schiera sfilze di detentori del titolo con la dentiera è destinata a farsi male, molto male. Non incrocerò neanche le dita, nella speranza di sbagliarmi. Non c'è margine per errore in un'analisi quando l'entità del dolo è così flagrante.
Fanno più notizia i non convocati questa volta. Da Cassano a Balotelli, passando per Miccoli. Non stiamo parlando di nomi di media caratura, corpo di mille mondiali! Stiamo parlando di tre supereroi nazionali ed internazionali, merda! Io ci terrei anche a vincerli questi mondiali, caro vecchio zio Lippi.
lunedì 10 maggio 2010
Revocare per dimenticare
La richiesta della Juventus di revocare lo scudetto 2006, che fu assegnato all'Inter a seguito dello scandalo Calciopoli, appare come un'abile manovra di marketing per far dimenticare il totale fallimento di quest'anno; e per anestetizzare quel tifo di frangia, responsabile, tra gli altri, dei recenti incidenti all'Olimpico di Torino, con tanto di stucchevole parlamento tra Del Piero e gli ultrà.
Val qui la pena ricordare che lo scudetto 2006 fu assegnato solo dopo che furono determinate con precisione atomica le responsabilità di Juventus e Milan nel condizionare diversi incontri di calcio; al punto che le squadre furono pesantemente penalizzate, lasciando il titolo alla terza classificata. In tutti gli sport di tutti i Paesi del mondo si fa' così, tutte le volte che ci sono illeciti di qualsiasi natura. In tutti i Paesi tranne uno. In Italia la verità è eterea, un esercizio di stile al servizio di chi vuol vincere a tutti i costi e con tutti i mezzi, leciti ed illeciti.
Val qui la pena ricordare che lo scudetto 2006 fu assegnato solo dopo che furono determinate con precisione atomica le responsabilità di Juventus e Milan nel condizionare diversi incontri di calcio; al punto che le squadre furono pesantemente penalizzate, lasciando il titolo alla terza classificata. In tutti gli sport di tutti i Paesi del mondo si fa' così, tutte le volte che ci sono illeciti di qualsiasi natura. In tutti i Paesi tranne uno. In Italia la verità è eterea, un esercizio di stile al servizio di chi vuol vincere a tutti i costi e con tutti i mezzi, leciti ed illeciti.
8 maggio 2010 - 37^ giornata
L'avevo detto qualche tempo fa. Siamo al finale thriller di un campionato che pare piu' incerto della manovra salva-euro. Novanta minuti ieri, altri novanta minuti domenica prossima, per di piu' giocati in contemporanea su tutti i campi. Diciamoci la verita', non ne siamo piu' abituati.
L'andirivieni di emozioni vissute alla penultima di campionato, che pure sono un decimo di quelle che vivremo tra pochi giorni, potrebbe stendere anche il piu' allenato tifoso. In questo i tifosi interisti hanno l'indubbio vantaggio di essere in costante allenamento da decenni (molti).
Se non fosse stato che un giocatore, che dopo aver sferzato un calcione tre giorni fa tutto meritava fuorche' essere in campo, avesse messo a segno un dubbio rigore, oggi staremmo qui a celebrare il diciottesimo scudetto dell'Inter, il quinto consecutivo, il quarto sul campo, il secondo dell'era Mou.
Se non fosse stato che un giocatore, che quel calcione l'aveva subito, non avesse arrotondato un gia' rassicurante 3-1, con buona pace degli estremisti del tifo e della penna, oggi staremmo qui a celebrare l'aggancio della Roma, il suo probabilissimo titolo, il primo di Mister Ranieri.
Le ultime giornate di calcio profumano di primavera, di anni ottanta, di immagini a colori calcati, di scudetti in arrivo e sfumati d'un soffio, di festoni negli spogliatoi dei vincitori e nelle citta' che coronano il sogno (v'immaginate Roma cosa diventa se vince?) e di giocatori e tifosi che vivranno l'incubo della sconfitta dopo tante felici speranze (v'immaginate Roma cosa diventa se perde?)
Non faccio pronostici, non li azzeccherei. Con tre risultati possibili in due incontri, l'Inter ha sette combinazioni su nove favorevoli; la Roma solo due. Gia', sembra poco, ma nel calcio niente e' impossibile (come perdere quattordici punti di vantaggio in poche giornate). Basta che la Roma vinca e l'Inter no. E allora forse quella che per l'Inter e' diventata un'ossessione, per la Roma potrebbe essere un sogno.
L'andirivieni di emozioni vissute alla penultima di campionato, che pure sono un decimo di quelle che vivremo tra pochi giorni, potrebbe stendere anche il piu' allenato tifoso. In questo i tifosi interisti hanno l'indubbio vantaggio di essere in costante allenamento da decenni (molti).
Se non fosse stato che un giocatore, che dopo aver sferzato un calcione tre giorni fa tutto meritava fuorche' essere in campo, avesse messo a segno un dubbio rigore, oggi staremmo qui a celebrare il diciottesimo scudetto dell'Inter, il quinto consecutivo, il quarto sul campo, il secondo dell'era Mou.
Se non fosse stato che un giocatore, che quel calcione l'aveva subito, non avesse arrotondato un gia' rassicurante 3-1, con buona pace degli estremisti del tifo e della penna, oggi staremmo qui a celebrare l'aggancio della Roma, il suo probabilissimo titolo, il primo di Mister Ranieri.
Le ultime giornate di calcio profumano di primavera, di anni ottanta, di immagini a colori calcati, di scudetti in arrivo e sfumati d'un soffio, di festoni negli spogliatoi dei vincitori e nelle citta' che coronano il sogno (v'immaginate Roma cosa diventa se vince?) e di giocatori e tifosi che vivranno l'incubo della sconfitta dopo tante felici speranze (v'immaginate Roma cosa diventa se perde?)
Non faccio pronostici, non li azzeccherei. Con tre risultati possibili in due incontri, l'Inter ha sette combinazioni su nove favorevoli; la Roma solo due. Gia', sembra poco, ma nel calcio niente e' impossibile (come perdere quattordici punti di vantaggio in poche giornate). Basta che la Roma vinca e l'Inter no. E allora forse quella che per l'Inter e' diventata un'ossessione, per la Roma potrebbe essere un sogno.
venerdì 7 maggio 2010
5 maggio 2010 - Finale di Coppa Italia
Finale di Coppa Italia all'Olimpico di Roma. Vince l'Inter 1-0, gol esemplare di Milito, oltre il quale di sport si e' visto ben poco.
La partita che avrebbe assegnato il primo titolo nazionale del 2010 si e' presto trasformata in un'indecorosa coreografia da battaglia delle Termopili, e piu' che una finale di calcio dei tempi moderni, sembrava la scenografia di 300.
Che cosa di rimane di questo spettacolo?
Rimane l'importante vittoria dello Special One, che con questa conquista i tre titoli nazionali in Italia (insieme a scudetto e super-coppa italiana vinti nel corso della precedente stagione).
Rimane l'infelice designazione dell'arbitro Rizzoli, il peggiore in campo, incapace di contenere l'ira ed imporre la pace con l'autorevolezza che si richiede a chi dirige incontri di questo genere.
Rimane il calcione ammazza-carriera di capitan Totti a Balotelli, reperibile su YouTube ma non su Repubblica.it, ne' sul Corriere dello Sport, ne' sulla Gazzetta dello Sport.
Rimane la rissa finale voluta da chi, sull'orlo di una crisi psico-fisica, sa di cedere malamente sul proprio terreno, davanti la propria gente, un titolo fortemente voluto nell'incapacita' fisica di lottare per vincerlo.
Siamo al colpo di coda dell'epopea di una squadra che - pur potendo ancora vincere lo scudetto - ha mostrato di aver i nervi a brandelli da un pezzo. Vedremo se ora - finalmente - cadranno i giusti fulmini della provvidenza sportiva.
La partita che avrebbe assegnato il primo titolo nazionale del 2010 si e' presto trasformata in un'indecorosa coreografia da battaglia delle Termopili, e piu' che una finale di calcio dei tempi moderni, sembrava la scenografia di 300.
Che cosa di rimane di questo spettacolo?
Rimane l'importante vittoria dello Special One, che con questa conquista i tre titoli nazionali in Italia (insieme a scudetto e super-coppa italiana vinti nel corso della precedente stagione).
Rimane l'infelice designazione dell'arbitro Rizzoli, il peggiore in campo, incapace di contenere l'ira ed imporre la pace con l'autorevolezza che si richiede a chi dirige incontri di questo genere.
Rimane il calcione ammazza-carriera di capitan Totti a Balotelli, reperibile su YouTube ma non su Repubblica.it, ne' sul Corriere dello Sport, ne' sulla Gazzetta dello Sport.
Rimane la rissa finale voluta da chi, sull'orlo di una crisi psico-fisica, sa di cedere malamente sul proprio terreno, davanti la propria gente, un titolo fortemente voluto nell'incapacita' fisica di lottare per vincerlo.
Siamo al colpo di coda dell'epopea di una squadra che - pur potendo ancora vincere lo scudetto - ha mostrato di aver i nervi a brandelli da un pezzo. Vedremo se ora - finalmente - cadranno i giusti fulmini della provvidenza sportiva.
lunedì 3 maggio 2010
2 maggio 2010 - 36^ giornata
Era scritto nell'almanacco del giorno dopo che l'Inter sarebbe passata sul "velluto" steso dalla coreografia ciociara dell'Olimpico. Pressapoco lo stesso velluto dello storico cinque maggio di otto anni fa. La differenza e' che questa volta l'Inter ha vinto giocando con vivace intensita'. Ed a qualcuno - o qualcuna - non e' andata giu'; come se la finalista di Champions, che metteva alla corda i campioni del mondo, non avesse potuto altrimenti meritare contro una squadra che ha rasentato la retrocessione per gran parte dell'anno.
Se avete tempo, prendetevi la briga di capire come stanno le cose, e leggete l'interessante articolo di Fabrizio Bocca, apparso su Repubblica online dopo la partita. Ne riporto qui un estratto.
Lazio-Inter 0-2 è stata la coda di quel derby Lazio-Roma 1-2, ricco solo di polemiche, incidenti gravissimi fuori lo stadio, veleni. E che a fine partita aveva visto anche i pollici versi di Totti rivolti alla curva giallorossa, ma a invocare disgrazie per la Lazio. [...] A modo loro i tifosi della Lazio hanno consumato la vendetta che volevano, rendendosi protagonisti dello scudetto negato alla Roma. Probabilmente, giocandosela, la Lazio avrebbe perso lo stesso e mai avrebbe potuto riaprire il campionato. [...] Che bisogno c'era di aprire la strada a una squadra così forte? Qual è il tarlo che rode il calcio italiano?
Un autorevole giornalista esprime qui il suo comprensibile rammarico (comprensibile per un tifoso romanista) per la stucchevole coreografia al contrario dell'Olimpico. Come se un tifoso non avesse il diritto sacrosanto alla liberta' del tifo.
Se fossi laziale, e pertanto antiromanista non mi sarebbero andati giu' i pollici versi di Totti, peraltro impuniti in quanto sinonimo di sana (!) rivalita' agonistica; ergo mi sarei recato allo stadio da tifoso interista; non per l'Inter, chiaro, ma per dispetto all'odiata Roma, e a quei pollici versi. Ci sono milioni di italiani che tiferanno Bayern nella finale di Champions League; non per i bavaresi, chiaro, ma per dispetto all'odiata Inter. C'e' qualche differenza?
Il tarlo che rode il calcio italiano e' dentro la penna di ominidi come Bocca e tanti altri del mondo sportivo stampato e televisivo: tutti presi a rimuginare contro la sfiga del calendario, o - facendo un inusitato sforzo di intelligenza - a ripensare a quanto stupido fu er Pupone, lui e quel maledetto gesto dei pollici versi.
Se avete tempo, prendetevi la briga di capire come stanno le cose, e leggete l'interessante articolo di Fabrizio Bocca, apparso su Repubblica online dopo la partita. Ne riporto qui un estratto.
Lazio-Inter 0-2 è stata la coda di quel derby Lazio-Roma 1-2, ricco solo di polemiche, incidenti gravissimi fuori lo stadio, veleni. E che a fine partita aveva visto anche i pollici versi di Totti rivolti alla curva giallorossa, ma a invocare disgrazie per la Lazio. [...] A modo loro i tifosi della Lazio hanno consumato la vendetta che volevano, rendendosi protagonisti dello scudetto negato alla Roma. Probabilmente, giocandosela, la Lazio avrebbe perso lo stesso e mai avrebbe potuto riaprire il campionato. [...] Che bisogno c'era di aprire la strada a una squadra così forte? Qual è il tarlo che rode il calcio italiano?
Un autorevole giornalista esprime qui il suo comprensibile rammarico (comprensibile per un tifoso romanista) per la stucchevole coreografia al contrario dell'Olimpico. Come se un tifoso non avesse il diritto sacrosanto alla liberta' del tifo.
Se fossi laziale, e pertanto antiromanista non mi sarebbero andati giu' i pollici versi di Totti, peraltro impuniti in quanto sinonimo di sana (!) rivalita' agonistica; ergo mi sarei recato allo stadio da tifoso interista; non per l'Inter, chiaro, ma per dispetto all'odiata Roma, e a quei pollici versi. Ci sono milioni di italiani che tiferanno Bayern nella finale di Champions League; non per i bavaresi, chiaro, ma per dispetto all'odiata Inter. C'e' qualche differenza?
Il tarlo che rode il calcio italiano e' dentro la penna di ominidi come Bocca e tanti altri del mondo sportivo stampato e televisivo: tutti presi a rimuginare contro la sfiga del calendario, o - facendo un inusitato sforzo di intelligenza - a ripensare a quanto stupido fu er Pupone, lui e quel maledetto gesto dei pollici versi.
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