
L'atmosfera non è quella delle grandi occasioni, non c'è davvero nulla di cui essere gioiosi nelle ore che precedono l'incontro. L'aria è pesante, spessa ed irrespirabile come la coltre fumosa che sta chiudendo i cieli al volo degli aerei di mezza Europa. Così si estinsero i dinosauri, mormora l'addetto alla sicurezza, vicino i tornelli di ingresso di San Siro.

L'Inter rivuole quel primato che le appartiene da tanti anni, ed il carattere per azzannare con fame l'avversario non le manca. La Juventus chiede punti per il passaporto europeo, senza il quale la rifondazione potrebbe prendere una piega molto meno incisiva il prossimo anno.
Che partita è stata? Io ho assistito per l'ennesima volta ad una prova di forza di Zanetti e soci. È come essere tornati a quattro anni fa, quando la prima Inter del dopo-calciopoli fece a pezzi le avversarie, il campionato, e la storia dei precedenti dieci anni di calcio malato. Fu vendetta quella, e furono vendetta quelle diciassette vittorie consecutive, record assoluto in Europa. Il gioco era di chi aveva fame feroce di vincerle tutte, di rabbia e di gloria. Bene, l'Inter questa sera ha giocato allo stesso calor bianco di quel periodo, non concedendo sconti alla Juventus, pur messa bene in campo dal vecchio Zac.
Permettetemi anche di dire che l'Inter ha giocato allo stesso modo di Roma e Firenze, anche se lì aveva totalizzato un solo punto, beccando quattro gol su quattro tiri in centottanta minuti. Stessa Inter, ma altro risultato. Questa volta gli istinti hanno vinto sulla malasorte, e di otto-nove palle gol chiare come il cielo di Trani a maggio, due sono entrate alle spalle del portierone della nazionale.

La partita si è chiusa così, con l'orgogliosa esultanza di Moratti e l'improvvisato aeroplanino di Mourinho (e chissà cosa scriveranno domani i giornali). A voi Roma.

La Roma non brilla certo per gioco, ma ha il senso della posizione in campo in tutti i reparti. Non brilla neanche per numero di occasioni create, se è vero che nelle ultime quattro gare è riuscita a fare solo cinque tiri in porta, più due calci piazzati, portandosi a casa ben dodici punti. Tira poco, segna pochissimo ma porta a casa dei punti pesanti come un tombino di ferro antico. Ha il passo delle grandi squadre, che è fatto non solo di gioco appariscente, ma di risultati concatenati, di rigore psicologico -dentro e fuori lo spogliatorio - e di fortuna.

Nube vulcanica permettendo, l'arrivederci è per martedi sera. Di scena la notte delle notti che vedrà l'Inter dei ritrovati brasiliani di fronte l'incanto del dio del calcio, Messi.



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