A San Siro si è giocato più di un derby. La Juventus ospite non è la stessa degli inizi della stagione, ma l'agguerrita vicenda dei tribunali di Napoli lascia presagire tutta la tensione che ci sarà in campo.
L'atmosfera non è quella delle grandi occasioni, non c'è davvero nulla di cui essere gioiosi nelle ore che precedono l'incontro. L'aria è pesante, spessa ed irrespirabile come la coltre fumosa che sta chiudendo i cieli al volo degli aerei di mezza Europa. Così si estinsero i dinosauri, mormora l'addetto alla sicurezza, vicino i tornelli di ingresso di San Siro.
Mancano i tifosi della Juventus, cosa che rende la notte ancora più surreale. Mancano i fischi agli striscioni dell'Inter, sovente in spolvero anti-calciopoli 2 e soprattutto mancano i fischi a Supermario Balotelli, allorché entra in campo al posto di Pandev. Quasi non sembra di assistere alla partita più importante dell'anno per entrambe le squadre.
L'Inter rivuole quel primato che le appartiene da tanti anni, ed il carattere per azzannare con fame l'avversario non le manca. La Juventus chiede punti per il passaporto europeo, senza il quale la rifondazione potrebbe prendere una piega molto meno incisiva il prossimo anno.
Che partita è stata? Io ho assistito per l'ennesima volta ad una prova di forza di Zanetti e soci. È come essere tornati a quattro anni fa, quando la prima Inter del dopo-calciopoli fece a pezzi le avversarie, il campionato, e la storia dei precedenti dieci anni di calcio malato. Fu vendetta quella, e furono vendetta quelle diciassette vittorie consecutive, record assoluto in Europa. Il gioco era di chi aveva fame feroce di vincerle tutte, di rabbia e di gloria. Bene, l'Inter questa sera ha giocato allo stesso calor bianco di quel periodo, non concedendo sconti alla Juventus, pur messa bene in campo dal vecchio Zac.
Permettetemi anche di dire che l'Inter ha giocato allo stesso modo di Roma e Firenze, anche se lì aveva totalizzato un solo punto, beccando quattro gol su quattro tiri in centottanta minuti. Stessa Inter, ma altro risultato. Questa volta gli istinti hanno vinto sulla malasorte, e di otto-nove palle gol chiare come il cielo di Trani a maggio, due sono entrate alle spalle del portierone della nazionale.
L'Inter fa a pezzi tutte le insinuazioni che sono circolate negli ultimi giorni, da Torino a Milano a Napoli. Ed ha fatto a pezzi chi ancora crede che difendere la (dis)onestà di Moggi sia un valore, a costo di intorbidire l'immagine altrui.
La partita si è chiusa così, con l'orgogliosa esultanza di Moratti e l'improvvisato aeroplanino di Mourinho (e chissà cosa scriveranno domani i giornali). A voi Roma.
Qui Roma. Una città in totale delirio urbano dopo la vittoria di Ranieri nel derby. E che vittoria. Ranieri osannato per la coraggiosa scelta di sostituire Totti e De Rossi quando era sotto di un gol. Gliene do atto, si è trattato di una mossa a sorpresa con la quale ha cambiato il modulo di gioco, le carte in tavola, le sorti della partita, del campionato e - forse - della sua carriera. L'Italia ha trovato davvero il suo Special One? Vedremo. Certo se saprà confermare la lunga striscia di vittorie anche per le prossime quattro gare, credo che gli si debbano tributare dei doverosi onori.
La Roma non brilla certo per gioco, ma ha il senso della posizione in campo in tutti i reparti. Non brilla neanche per numero di occasioni create, se è vero che nelle ultime quattro gare è riuscita a fare solo cinque tiri in porta, più due calci piazzati, portandosi a casa ben dodici punti. Tira poco, segna pochissimo ma porta a casa dei punti pesanti come un tombino di ferro antico. Ha il passo delle grandi squadre, che è fatto non solo di gioco appariscente, ma di risultati concatenati, di rigore psicologico -dentro e fuori lo spogliatorio - e di fortuna.
Fortuna dei tre pali di Milito, del rigore mancato di Floccari, del calendario favorevole, dell'auto-estinzione del Milan e degli impegni di Champions dell'Inter. Ranieri è adesso scoperto, è l'uomo al centro di tutto, ha oscurato Mourinho, diventato uno dei tecnici più taciturni d'Italia, e vive il momento forse più incredibile della sua lunga carriera calcistica, inondando di luce propria una squadra ed una città che da tanti, troppi anni attendeva l'uomo della metamorfosi definitiva, sempre attesa e mai giunta, della Roma.
Nube vulcanica permettendo, l'arrivederci è per martedi sera. Di scena la notte delle notti che vedrà l'Inter dei ritrovati brasiliani di fronte l'incanto del dio del calcio, Messi.
venerdì 16 aprile 2010
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