Sia chiaro. Dalle righe di questo blog, non una parola di piu' si levera' su e contro Luciano Moggi, rispetto a quanto giudici e pubblici ministeri abbiano fatto fin qui.
Parlero' del moggismo, un neologismo che fa coppia e assonanza con bullismo, dal quale ne mutua la sua piu' azzeccata definizione: il moggismo e' il bullismo nel calcio.
Il mondo del calcio sembra non poter farne a meno, a leggere le ultime dichiarazioni rilasciate dai massimi dirigenti della Juventus, e dal suo prolifico capitano (a proposito, che c'avranno dato i medici al pierino bianconero per trasformarlo in un asso brasiliano da fare invidia pelosa ad Ancelotti?)
La sentenza di condanna in primo grado contro Luciano Moggi e figlio, ridotta a due anni e otto mesi grazie a tutta una ridicola serie di attenuanti e di cavilli - questa e' l'Italia - deve essere parsa acqua fresca al cobollo illuminato, a sentirlo parlare in questi giorni.
Il fatto che il suo ex-dirigente piu' carismatico e potente (tralasciamo il povero figliolo per decenza) sia stato condannato alla reclusione da parte della giustizia ordinaria o non c'entra nulla con lo sport o c'entra in tutto.
Nel primo caso, un reato penale commesso al di la' delle sue "mansioni" sportive non avrebbe ragione di interferire con lo sport, quindi non si capisce come e perche' il cobollo frastornato oggi reagisca con un preteso risarcimento sportivo del titolo revocato da parte della giustizia sportiva (2004-2005; occorre ricordare che il titolo 2005-2006 non fu mai assegnato alla Juventus, ma direttamente all'Inter).
Nel secondo caso, occorre premettere che un reato penale connesso allo sport e' di una gravita sportiva inaudita. La giustizia sportiva e' di gran lunga piu' severa di quella ordinaria, perche' capace di comminare multe salatissime a chi non rispetta, ad esempio, una regola semplice come il togliersi una maglietta in campo; o di espellere dal terreno di gioco (leggi interdire o recludere in un ipotetico equivalente penale) per motivi spesso futili. Cio' detto, una reclusione vera, ancorche' non di lunghissimo periodo, come quella comminata da parte della giustizia ordinaria per fatti legati ad attivita' sportive, costituisce pur sempre una gravissima dimostrazione di illegalita' entro cui il reo usava muoversi con l'unico obiettivo di favorire la squadra per cui lavorava.
Non occorre essere dei maghi della dottrina giuridica per rendersene conto.
Invece seguendo testate e trasmissioni sportive chiaramente assecondate a determinati controllori, si continua ad assistere a ripicche prive di fondamento etico, oltre che pericolose, che presentano una visione compiaciuta ma distorta della realta'.
Una pretesa di revisionismo che arriva dopo il pareggio casalingo dell'Inter, quasi ad aver atteso che il re sia stanco per farsi venire il coraggio di esternare. Francamente ho l'impressione che, a quello che vanno dicendo, questi signori non credano troppo neanche loro.
Buona ripicca a tutti.
martedì 13 gennaio 2009
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